«Dottoressa, sono venuto da lei perché voglio tornare come ero prima», è la frase che il più delle volte mi sento dire in occasione di una prima consulenza.
Ma soffermiamoci un po’ su!
Ognuno di noi affronta gli eventi di vita più disparati (gravidanza, lutti, inizio, cambio o perdita del lavoro, malattie proprie o dei propri cari, crisi relazionali/matrimoniali, carriera universitaria, situazioni stressanti, etc.) con strategie e modalità di funzionamento apprese negli anni all’interno del proprio ambiente relazionale primario, sociale e culturale…la cosiddetta “cassetta degli attrezzi” con cui affrontiamo il viaggio, a volte sereno, a volte impervio e/o imprevedibile, della vita. Del resto ricorrere a strumenti già validati e a strategie che abbiamo già visto funzionare ci permette di risparmiare “energia” e ci rassicura contro sensazioni di inadeguatezza e impotenza. Per questo attingere al bagaglio del “già conosciuto” ha la sua parte di utilità.
Ma allora quando nascono i problemi? Quando salta quell’ingranaggio che ci ha sempre permesso di “girare in sintonia” con quello che accadeva fuori e dentrodi noi?
Quando la vita ci mette davanti qualcosa di insolito, imprevisto, incontrollabile… o ci catapulta in eventi che emotivamente “ci rivoltano come un calzino” siamo portati ad aggrapparci rigidamente alle nostre certezze e a quanto ci ha sempre rassicurati, pur di non contemplare un cambiamento (= adattamento???) … della nostra cassetta…. o magari di qualche attrezzo… o della modalità con cui li utilizziamo. Sarebbe come pretendere di utilizzare efficacemente un’APP senza mai aggiornarla! O aspettarsi di poter svolgere alcune attività come attivare una videochiamata o inviare email utilizzando uno dei primi modelli di cellulari esistenti.
Il problema sorge quando non riusciamo ad accettare che alcuni “attrezzi” possano aver bisogno di essere riparati, modificati, destinati ad usi diversi da quelli consueti e/o sostituiti, perché questo comporterebbe la sosta/passaggio in un tempo/spazio in cui non sapremmo cosa fare, in cui ci sentiremmo smarriti o inadeguati, in balia delle onde dell’imprevisto o paralizzati dal dubbio e dal conflitto. È in questo frangente che, pur di uscirne, aneliamo a “tornare come eravamo prima” rendendo il cambiamento più simile a un blocco che a un blocco dipartenza.
Articolo a cura della Dott.ssa Cinzia Bellotta, psicologa e psicoterapeuta.
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